Si parla già di un «disastro climatico» per la quantità di metano dispersa nell’atmosfera, ma per ora non ci sono stime precise
Tra domenica 25 e lunedì 26 settembre, i due principali gasdotti che trasportano gas naturale tra la Russia e l’Europa, Nord Stream 1 e Nord Stream 2, sono stati interessati da strane perdite in più punti e a poche ore di distanza l’una dall’altra. Inizialmente le fughe di gas delle due strutture sottomarine che attraversano il Mar Baltico fino alla Germania sono state rilevate come cali di pressione, ma nella giornata di martedì 27 settembre hanno iniziato a circolare immagini del gas che ribolliva sotto alla superficie del mare.
Un atto deliberato?
In base alle prime analisi, le perdite sarebbero quattro, non solo tre come detto inizialmente, e sarebbero state causate da alcune esplosioni. Il gas contenuto nelle tubature sta fuoriuscendo in tre chiazze bollenti sulla superficie del Mar Baltico, e una di queste sembra avere una superficie di circa un chilometro.
La presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen ha condannato il “sabotaggio” e la “deliberata interruzione dell’infrastruttura energetica europea“, alimentando le voci di un atto deliberato da parte della Russia per alimentare la dipendenza energetica europea.
Per il momento non è possibile provarlo, anche se il Centro nazionale di sismologia svedese e il Centro di ricerca tedesco di geo-scienze hanno riferito di aver captato due importanti e ben distinguibili aumenti dell’attività sismica sotto il Mar Baltico nella giornata di lunedì 26 settembre – due esplosioni, una alle 2:03 del mattino e una alle 19:03 di sera. È delle ultime ore poi l’ipotesi di una terza esplosione, ancora da confermare.
Il calcolo delle perdite
In attesa di risposte alle varie speculazioni, quali pericoli possono esserci per l’ambiente? Gli scienziati ne stanno ancora discutendo ma l’entità delle perdite non è ancora chiara.
Secondo le prime stime approssimative, basate sul volume di gas riportato in uno dei gasdotti, le perdite variano tra le 100mila e le 400mila tonnellate di metano. A Politico, Kristoffer Böttzauw, direttore dell’Agenzia danese per l’energia, ha dichiarato che le perdite equivarrebbero a circa 14 milioni di tonnellate di CO2, circa il 32% delle emissioni annuali della Danimarca.
Dalla Germania invece, l’Agenzia federale tedesca per l’ambiente ha stimato che le perdite porteranno a emissioni di circa 7,5 milioni di tonnellate di CO2 equivalenti, circa l’1% delle emissioni annuali della Germania. L’agenzia ha anche osservato come non ci siano meccanismi di chiusura lungo le condutture e pertanto le perdite non si interromperanno fino alla fuoriuscita dell’intero contenuto di gas.
Oltre a quella danese e a quella tedesca sono state fatte altre stime dell’impatto delle perdite di gas sull’atmosfera, ma devono essere considerate con cautela perché mancano ancora molte informazioni per fare analisi precise. Ad esempio, non si sa la portata del gas che sta fuoriuscendo dai gasdotti, quale sia la sua temperatura, e quale percentuale del metano sarà assorbita dai microrganismi marini che ossidano questa sostanza prima dell’arrivo in superficie.
«In termini di gas serra, si tratta di un’emissione sconsiderata e non necessaria nell’atmosfera» ha detto al Guardian il professor Grant Allen, esperto di scienze della Terra e ambiente presso l’università di Manchester. A Politico, lo scienziato Jeffrey Kargel del Planetary research institute di Tucson, ha definito la fuoriuscita come «davvero inquietante» e «un crimine ambientale se avvenuta intenzionalmente».
Il record superato della falla di Aliso Canyon
Finora, la più grave perdita di gas naturale apparteneva alla falla di Aliso Canyon, a Los Angeles, avvenuta nel 2015 e che portò alla diffusione di 100mila tonnellate di metano in diversi mesi. Al momento di picco della perdita tuttavia la quantità di metano emesso all’ora era dieci volte inferiore a quella ipotizzata per i gasdotti Nord Stream.
«È una massa colossale di gas, in bolle davvero grandi» ha continuato il professor Grant Allen «Se hai piccole fonti di gas, la natura ti aiuta, digerendolo in CO2. Ma con una perdita così grande, il metano non avrà tempo di essere attenuato dalla natura. E una porzione significativa sarà dispersa nell’atmosfera».»
L’impatto sul clima
A prescindere dalla precisione delle stime attuali, gli esperti di emissioni che stanno analizzando la situazione sono concordi sul fatto che le conseguenze in termini di emissioni di gas serra di queste perdite siano rilevanti. Ovviamente, se si considera che le emissioni di metano complessive che vengono prodotte in un anno a livello globale a causa delle attività umane sono di circa 32 miliardi di tonnellate, si comprende che questa perdita rappresenta una quantità piccola dell’inquinamento che determina il cambiamento climatico, ma è comunque considerevole per una singola fonte.
«Questa è una piccola bolla nell’oceano rispetto alle enormi quantità di metano cosiddetto fuggitivo che vengono emesse ogni giorno in tutto il mondo a causa di attività come il fracking, l’estrazione del carbone e del petrolio», ha dichiarato Dave Reay, direttore esecutivo dell’Edinburgh climate change institute. Attualmente, la zona più pericolosa resta quella nelle più prossime vicinanze della perdita, dove l’aria potrebbe infiammarsi facilmente e le alte concentrazioni di metano possono ridurre la quantità di ossigeno disponibile.
Per ora non si prevedono effetti a lungo termine sulla fauna e sulla flora marine, anche se secondo Greenpeace i pesci che si trovassero vicino al flusso di gas in uscita potrebbero avere delle difficoltà respiratorie.