Scienza ed esplorazioni
Mano cosmica spettrale

Una mano spettrale che appare nel buio cosmico mostrando le sue ossa: le immagini catturate dai raggi X di Ixpe e Chandra

C’è chi l’ha descritta come una “mano cosmica spettrale” poiché ricorda una gigantesca mano umana, quasi spettrale nelle sue sfumature violacee, con una luce che viene emanata dal suo “palmo”.

Le immagini del fenomeno a 16mila anni luce da noi catturate dai telescopi a raggi X della NASA, Ixpe e Chandra, svelano le «ossa del campo magnetico di una straordinaria struttura a forma di mano nello spazio», spiegano sul sito dell’agenzia spaziale americana.

Cos’è la “mano cosmica”

In realtà, la «mano cosmica» è il risultato degli effetti di una stella gigante collassata che continua a “vivere” attraverso pennacchi di particelle di materia e antimateria energizzate.

Circa 1.500 anni fa, una stella della nostra galassia, rimasta senza combustibile nucleare da bruciare, collassò su se stessa formando un oggetto estremamente denso chiamato stella di neutroni.
Le stelle di neutroni sono oggetti rotanti con forti campi magnetici, noti anche come pulsar. Questi sono caratterizzati da getti di materia e antimateria che si allontanano dai poli della pulsar e che, assieme all’intenso vento cosmico, formano le cosiddette “nebulose del vento della pulsar”.

Nelle immagini fornite dalla NASA, la nebulosa creata dal vento della pulsar PSR B1509-58, situata nella nostra galassia a 16mila anni luce dalla Terra, appare nello spazio come una straordinaria struttura a forma di mano, con un palmo viola spettrale e le punte delle dita scintillanti.

Credit: X-ray: NASA/CXC/Stanford Univ./R. Romani et al. (Chandra); NASA/MSFC (IXPE); Infared: NASA/JPL-Caltech/DECaPS; Image Processing: NASA/CXC/SAO/J. Schmidt)
Credit: X-ray: NASA/CXC/Stanford Univ./R. Romani et al. (Chandra); NASA/MSFC (IXPE); Infared: NASA/JPL-Caltech/DECaPS; Image Processing: NASA/CXC/SAO/J. Schmidt)

Le osservazioni

Dopo essere stata rivelata per la prima volta nel 2001 da Chandra, questa nebulosa dal nome MSH 15-52 è stata protagonista di una grande campagna osservativa di Ixpe (Imaging X-ray Polarimetry Explorer), in una missione frutto della collaborazione tra NASA e Agenzia Spaziale Italiana con partner e collaboratori scientifici in 12 Paesi.

Ixpe, il più recente telescopio a raggi X della NASA, ha infatti indagato la nebulosa per 17 giorni continuativi, stabilendo anche il record personale di osservazione più lunga di un singolo oggetto da quando è stato lanciato, ossia nel dicembre 2021.

Questa vasta indagine ha permesso di ottenere la prima mappa del campo magnetico della nebulosa a forma di mano.

I risultati della ricerca sono pubblicati su The Astrophysical Journal, lavoro che vede la partecipazione di numerosi ricercatori italiani provenienti da Asi, Inaf, Infn e diverse università.

Lo studio

«Le particelle cariche che producono i raggi X viaggiano lungo il campo magnetico, determinando la forma base della nebulosa, come fanno le ossa nella mano di una persona» – ha dichiarato Roger Romani della Stanford University in California, primo autore dell’articolo.

Ciò che l’indagine di Ixpe ha permesso di ottenere sono le informazioni sulla polarizzazione dei raggi X, ossia l’orientamento del campo elettrico da cui si genera il campo magnetico della pulsar, appunto la sorgente dei raggi X.

La polarizzazione della mano

Nell’immagine ottenuta da questi dati sono visibili brevi linee rette che rappresentano le misure di polarizzazione effettuate da Ixpe che mappano la direzione del campo magnetico. Mentre i tratti arancioni indicano le misurazioni più precise, le barre ciano e blu segnano quelle meno precise. La lunghezza di queste barre indica, invece, la quantità di polarizzazione, mostrando che questa è notevolmente elevata in quasi tutta la nebulosa. Per raggiungere questa forza, il campo magnetico deve essere molto rettilineo e uniforme, il che significa che c’è generalmente poca turbolenza nella nebulosa, a parte una regione specifica.

Credit: X-ray: NASA/CXC/Stanford Univ./R. Romani et al. (Chandra); NASA/MSFC (IXPE); Infared: NASA/JPL-Caltech/DECaPS; Image Processing: NASA/CXC/SAO/J. Schmidt
Credit: X-ray: NASA/CXC/Stanford Univ./R. Romani et al. (Chandra); NASA/MSFC (IXPE); Infared: NASA/JPL-Caltech/DECaPS; Image Processing: NASA/CXC/SAO/J. Schmidt

I dati di Ixpe mostrano, infatti, che la polarizzazione risulta bassa all’inizio del getto, ossia al centro del “palmo” dove è situata la pulsar. Probabilmente questa particolare regione risulta essere più turbolenta di altre, con campi magnetici complessi e aggrovigliati associati alla generazione di particelle ad alta energia. Alla fine del getto, che si spinge verso la parte inferiore dell’immagine, le linee del campo magnetico sembrano, invece, raddrizzarsi e diventare molto più uniformi, causando una polarizzazione molto più ampia.

Questi risultati implicano che le particelle ricevono una spinta energetica in complesse regioni turbolente vicino alla pulsar, alla base del palmo, e fluiscono verso aree in cui il campo magnetico è uniforme lungo le regioni situate sul polso, sulle dita e sul pollice della mano cosmica.

«Abbiamo scoperto la storia della vita delle particelle super-energetiche di materia e antimateria intorno alla pulsar. – dichiara il coautore Niccolò Di Lalla, anche lui di Stanford – Questo ci insegna come le pulsar possano agire come acceleratori di particelle».

Prospettive future

Grazie alla combinazione dei dati dai due telescopi a raggi X Chandra e Ixpe, la ricerca aumenta così la nostra comprensione di come una pulsar inietta particelle nello spazio e modella il suo ambiente circostante.

«A quasi due anni dal lancio, Ixpe ha aperto una nuova finestra sul cielo ai raggi X e il team internazionale sta lavorando senza sosta per rendere la polarimetria X una nuova opportunità per l’intera comunità scientifica. Il 25 Ottobre 2023 Ixpe ha ricevuto il National Space Club of Huntsville’s Distinguished Science Award, confermando la notevole valenza della missione», afferma Elisabetta Cavazzuti, Responsabile del programma Ixpe per Asi.

Fonti e approfondimenti